Tutto ciò che non ti hanno mai detto sui siti e-commerce
Studio Viasetti
Creazione Siti Web dal 1997
Gianfranco Viasetti
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Articolo di Gianfranco Viasetti, aggiornato il 12/05/2024
Bisognerebbe precisare che sono coloro che li fanno che ci guadagnano, non chi li ha pagati.
Lo stesso discorso vale per i siti e portali di annunci auto usate, case, villaggi vacanza, hotel, turismo, viaggi, buoni sconto, biglietti..
A meno che vi chiamiate Amazon, trivago.it, Ebay, subito.it, immobiliare.it, casa.it, Temu o operiare in una zona geografica ristretta.
Negli ultimi 25 anni ho analizzato, su richiesta dei diretti interessati, circa 3.000 siti e-commerce per la vendita online di vino, olio, marmellate, prodotti tipici locali, scarpe, t-shirt, abbigliamento, biancheria intima, computer, tablet, cellulari, articoli sexy, servizi di consulenza legale, fiscale, amministrativa, psicologica, ricambi per auto e moto, pneumatici, oggettistica per la casa, arredamento, mobili, infissi, cartucce e toner per stampanti, TV, lampadari, occhiali da sole e da vista, libri, fotografie, quadri, giocattoli, prodotti farmaceutici e parafarmaceutici, ecc..
Ho deciso, con l'intento di evitare ad altri utenti delusioni e perdite di soldi e di tempo, di pubblicare una serie di articoli per illustrare e diffondere le conclusioni a cui sono giunto: almeno il 95% dei siti e-commerce è un flop, indipendentemente dal fatto che il sito lo si sia avuto gratis o sia costato 30.000 euro.
E' incredibile il numero di email che riceviamo ogni mese da parte di negozianti che stanno pensando di chiudere il negozio e di vendere solo online.
L'ecommerce è il futuro - mi dicono - non ha più senso tenere aperto un negozio fisico, pagare l'affitto, le bollette, i commessi, rischiare di venir derubati o rapinati, alzarsi tutte le mattine e stare in negozio 10 ore al giorno per vendere solo nel mio paesello.
Mi hanno detto che con ciò che mi costa il negozio in un mese possono farmi un sito ecommerce per vendere in tutta Italia, spendendo poi solo 50 euro al mese per la manutenzione del sito.
Questo è il sunto delle email che ricevo da parte di negozianti di tutta Italia, ma prevalentemente del centro-sud.
Ne riporto qualcuna a caso:
Ho da 15 anni un negozio di calzature in provincia di Catania. La crisi ha ridotto notevolmente le entrate e trovandoci in un piccolo paese non abbiamo modo di ampliare la clientela. Mi hanno consigliato di chiudere il negozio e vendere online. In questo modo potrei uscire dai confini del mio paese e vendere in tutta Italia. Mi potete fare un preventivo?
Ho risposto a questa signora che è molto difficile dare visibilità al sito che intende aprire e che sicuramente nessuno lo avrebbe trovato in Google. Le ho detto di lasciar perdere e, se desiderava saperne di più sull'argomento ecommerce, di leggere alcuni dei nostri articoli.
Il giorno dopo mi ha telefonato dicendomi "quindi, se ho capito bene, secondo lei non si possono vendere scarpe online... Mi sta dicendo che Zalando o Amazon non vendono? Lo so che sono grandi, ma avranno pur cominciato da zero anche loro. Perché non posso farlo anch'io?"
Cosa rispondere ad una domanda del genere?
Le ho detto solo "evidentemente lei non ha letto gli articoli che le ho consigliato. Li legga e troverà le risposte a questa domanda e a tutte le altre che le possono venire in mente!"
"Salve, mi chiamo xxxxxx e sono il figlio della titolare di un negozio di abbigliamento vicino a Chieti. Purtroppo le vendite sono calate negli ultimi anni, probabilmente per la crisi, ma anche perché molti ormai comprano online. Ho amici che comprano abbigliamento su Zalando, Amazon e su qualche altro sito che ora non ricordo.
Per questo motivo sto cercando di convincere mia madre a chiudere il negozio (venderlo è molto difficile) e aprire un sito per vendere solo online. Risparmieremmo un sacco di soldi (abbiamo 2 commesse da pagare oltre all'affittoe alle bollette).
Ho letto il vostro sito e mi piace molto come vi proponete, date fiducia. Gradirei ricevere un vostro preventivo per creare un ecommerce in 3 lingue (italiano, tedesco e inglese). Le traduzioni posso farle fare ad una mia amica e quindi vi darei i testi già pronti. Anche le fotografie dei capi che vendiamo posso fornirvele io, o meglio ancora, se mi insegnate come fare, le posso inserire direttamente io nel sito.
L'importante è che il sito lo si trovi in prima pagina con abbigliamento donna, moda donna, moda uomo, abbigliamento uomo, made in italy, ecc. nelle lingue previste."
Caro xxxxxx, è sicuro di aver letto il nostro sito e non quello di qualcun altro?
Le faccio questa domanda perché se avesse letto il nostro sito dubito che mi avrebbe contattato. Ho pubblicato una decina di articoli per spiegare perché un sito come quello che vorrebbe fare lei non ha probabilità di successo. Non saprei cos'altro aggiungere.
Se fosse possibile per chiunque vendere e guadagnare in questo modo, non ci sarebbero più negozi fisici. Li avrebbero chiusi tutti!
Alcune email ricevute da chi ha aperto un ecommerce le trovi
qui:
aprire-un-e-commerce-commenti
Riceviamo un migliaio di email all'anno da parte di titolari di siti e-commerce che ci raccontano la loro esperienza.
C'è chi si è fatto il sito da solo, chi si è rivolto ad un amico o conoscente e chi si è rivolto a rinomate Web Agency spendendo decine di migliaia di euro senza riuscire a vendere un solo prodotto.
E c'è chi ci dice di essere stato dissanguato economicamente a tal punto di non avere nemmeno più soldi per acquistare i fazzoletti per asciugarsi le lacrime.
Leggere le loro testimonianze è una lettura istruttiva per tutti coloro che credono a ciò che i media e le web agency ci inculcano ogni giorno, ossia che l'e-commerce in Italia è in costante crescita.
È vero che il fatturato globale derivante dall'ecommerce è in crescita, ma il numero dei siti ecommerce che nascono ogni anno cresce molto di più. A vendere sono i soliti nomi noti, non chi è in centesima o in millesima pagina su Google. È questo che i media e gli esperti si dimenticano di dirci. Leggi cosa ci racconta chi ha creduto alle sirene dell'e-commerce.
Quasi tutti sono convinti che basti investire cifre irrisorie nella creazione di un sito e-commerce per iniziare a vendere. Solo dopo aver sprecato settimane o mesi ad inserire centinaia o migliaia di articoli, fotografie, descrizioni e prezzi si rendono conto di aver lavorato inutilmente.
Analizziamo in questo articolo perché i siti e-commerce hanno pochissime probabilità di farcela ad avere visibilità senza spendere cifre rilevanti. Leggi l'articolo.
Ma c'è qualcuno che riesce a guadagnare con i siti e-commerce? Certo, qualcuno c'è di sicuro: chi te li propone e te li vende.
Riceviamo ogni giorno email da parte di utenti che si sono fatti creare un sito e-commerce o che se lo sono fatto da soli. Queste email iniziano quasi sempre con "ho un sito e-commerce ma non riesco a vendere. Ho investito parecchio in questo sito, ma non ho visitatori ne contatti, potete aiutarmi?"
98 volte su 100 siamo costretti a rispondere negativamente.
Se ci occupassimo di siti e-commerce ci saremmo arricchiti. Riceviamo da anni 2 o 3 richieste al giorno di preventivi per la creazione di siti per la vendita online di vini, olio, prodotti tipici, abbigliamento, scarpe, oggettistica per la casa, cellulari, tablet, computer, cartucce per stampanti, occhiali da sole e da vista, consulenza legale, consulenza psicologica, ecc.. Quasi tutti progetti destinati al fallimento. Noi abbiamo il coraggio di dirlo, i nostri competitor quasi sempre no. Per molti l'importante è guadagnare.
A questo proposito riporto ciò che ha scritto di me in un articolo di qualche anno fa Paola Guidi, giornalista de Il Sole 24 ore:
Paola Guidi, giornalista de IlSole24Ore, trend catcher,
esperta in design e tecnologie, racconta come Gianfranco Viasetti è
diventato uno dei professionisti più quotati nella difficile “arte” di
vendere, off e on line. Con
10 regole d'oro e rivalutando il più antico
e il miglior strumento di comunicazione e convinzione: la Parola.
Due figli, due gatti, un cane, molti libri e 50 anni di esperienza
nell’ambito della vendita e del marketing tradizionali presso aziende
“importanti” (un tempo) come Rizzoli e Xerox e, dal 1997, uno dei più
abili a farlo su Internet per aiutare professionisti, artigiani e
imprenditori a trovare clienti. Anzi, uno dei pochissimi che ci riesce.
Un’arte, come si diceva in apertura, difficilissima perché ha a
che fare con un’impresa quasi irrealizzabile: rendere, invece, possibile
trovare un ago nel pagliaio. Nel senso che il pagliaio è Internet e
l’ago il sito del cliente.
Va notato che il 99 per cento dei
siti - oltre due milioni in Italia -rimane sconosciuto, affondando nel
silenzio del magma virtuale del web tant’è vero che circa un migliaio di
siti al giorno chiudono senza che nessuno - salvo chi li ha
ostinatamente aperti - se ne accorga.
Viasetti passa gran parte
del suo tempo a scoraggiare gli audaci che, per esempio, in possesso di
qualche decina di ettari a vigna, pensano di diventare ricchi e famosi
vendendo on line il loro vino.
Gianfranco Viasetti ha il
coraggio e l’onestà intellettuale di rivelare ciò che migliaia di suoi
“colleghi” non raccontano: che vendere virtualmente significa
confrontarsi con le gigantesche e ricche piattaforme del web in
un’impari e spesso perdente lotta all’ultima keyword.
Eppure
Viasetti ha raccolto nella sua lunga carriera ripetuti successi, è
riuscito a far emergere da quel magma confuso che è il Web centinaia di
piccoli e medio-piccoli operatori e professionisti, che hanno avuto
l’umiltà di ascoltarlo seguendo pari pari i suoi consigli. E in
particolare per quanto riguarda un sorprendente segreto: la parola.
E’ quello che si scrive e come si scrive - assicura Viasetti - che
riesce a intercettare lettori, clienti, estimatori, ben più di
smaglianti grafiche.
Che cosa occorre raccontare al potenziale
cliente? Quello che risponde alla celebre regola del giornalismo: chi,
come, dove, quando e perché.
Ma non basta: il racconto deve
essere come un abito di sartoria, tagliato e confezionato su misura di
chi, cominciando a leggere, se lo trova quasi perfetto, su misura delle
sue esigenze e meglio ancora delle sue emozioni. Perché per convincere
il cliente a comprare, l’esigenza e il segreto piacere sono un tutto
unico. Anche sul web. Anzi, ancor di più nella solitudine frettolosa
della ricerca on line.
Paola Guidi
I giornali affermano che il commercio elettronico in Italia sta andando molto bene nonostante la crisi ed è in forte incremento. Sui siti di molti nostri competitor leggiamo che i siti e-commerce da loro creati sono posizionati bene nei motori, funzionano e producono reddito (a loro probabilmente sì).
Nel loro portfoglio clienti citano dei casi di successo. Noi ne abbiamo analizzato alcuni e siamo in grado di dirvi quali risultati ottengono.
Molte web agency tendono a svicolare l'argomento del posizionamento evitando di parlarne al cliente, oppure dicendogli "ne parleremo a sito completato" o, in alcuni casi, "io arrivo fino qui, posizionare siti non fa parte del mio lavoro, se ti serve essere trovato nei motori ti metto in contatto con Tizio o Caio". Qualcuno si spinge a dire "dammi 10 keyword e te le metto nei campi giusti per gli spider dei motori" e a questo punto il cliente annuisce soddisfatto.
Soddisfatto, scusate il termine, di essere in procinto di prenderlo in quel posto.
Ma non sono siti e-commerce, sono i siti di cui parliamo nella Home Page di questo sito. Prenditi 10 minuti e leggila. Avrai preziosi consigli su cosa potresti fare per guadagnare grazie a internet.
Sul Corriere della Sera del 13 Maggio 2000 è apparso un articolo dal titolo: Illusioni e crolli dell'e-commerce
Ecco un'altra vittima illustre delle recenti disillusioni degli investitori riguardo ai siti di commercio elettronico: si tratta di www.boo.com, un sito europeo che offre generi di abbigliamento e sportivi di fascia alta. L'anno scorso i due giovani svedesi che lo avevano inventato erano riusciti a raccogliere 109 milioni di dollari da un gruppo di investitori internazionali: il magnate francese Bernard Arnault e le americane J.P. Morgan e Goldman Sachs. Proprio loro, la scorsa settimana, hanno rinunciato sia all'andata in Borsa che a rifinanziare Boo.com. In sostanza l'hanno messo in vendita.
Finora circa metà del capitale se n'è andato nel lancio, e solo in pubblicità sono stati spesi 23 milioni di dollari. Ma le vendite non sono state per niente all'altezza delle aspettative. A inizio dell'anno erano stati licenziati 70 dipendenti e ridimensionate le ambizioni giornalistiche del magazine multimediale ospitato sul sito.
Non è una storia nuova: anche prima dei recenti crolli del Nasdaq, la lista delle aziende di e-commerce entrate in sofferenza si andava allungando. Ma nel caso di Boo ci sono due elementi specifici, da cui trarre lezione.
La prima fu la scelta di realizzare un sito molto complesso dal punto di vista del software e pagine leziose (con animazioni "Flash"). Da qui la scarsa usabilità del sito.
La seconda, ancora più grave, è stata l'idea di buttarsi sul settore merceologico più difficile per la vendita online: l'abbigliamento.
Tutti sappiamo che c'è un elevato piacere dell'acquisto legato al toccare, guardarsi allo specchio e persino annusare maglioni e felpe. Per questi oggetti l'acquisto in rete è solo un surrogato. Banale, ma non ci avevano pensato.
Ma oggi non siamo nel 2000, penserà qualcuno, sono passati 24 anni e la situazione dell'e-commerce è sicuramente cambiata.
Sì, è cambiata. In peggio.
Oggi, grazie alla drastica riduzione dei costi necessari per creare un sito e-commerce, milioni di persone si sono lanciate nell'avventura e il settore dell'abbigliamento, e non solo, è inflazionato di siti ecommerce privi di valore ma che fanno numero e rendono sempre più problematica la visibilità nei motori.
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